Epilessia ed Omeopatia- NEUROLOGICO

Dott. Antonioni Fabio Veterinario Omeopata  > Patologie >  Epilessia ed Omeopatia- NEUROLOGICO
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Dott. Fabio Antonioni

APPROCCIO PERSONALE

Personalmente ho studiato un Rimedio Omeopatico Situazionale da usare come sintomatico per trattare questo disturbo complesso che può essere utilizzato mescolato al cibo privo di odore e sapore ed associabile alla terapia farmacologica, per chi fosse interessato potrà consultarmi via mail e riceverlo direttamente a casa.

1. Introduzione e cenni storici

Rappresentano unserio problema di approccio clinico non tanto per l’approccio clinico oterapeuticoquanto ai fini di unaesaustivaclassificazione.

Decritta per la prima volta nell’antica Babilonia nel trattato di medicina babilonese compilata tra il 1067 ed il 1046 a.C  designata con il nome di “MIQTU” o “malattia che facadere”, in queste tavolette venivano descritte accuratamente tutte le espressioni cliniche, nella cultura greca chiamata “male sacro” alludendo una origine soprannaturale del disturbo ed ancora “malcaduco” nel Medioevo e  Rinascimento.

In Neurologia Veterinaria si è finito per adottare una formula prestata dalla medicina umana in modo spesso improprio e non sempre efficace per i nostri animali.

2. Epidemiologia e incidenza

Razze canine maggiormente predisposte:

Bassotto Tedesco, Barboncino, Boxer,Beagle, Bovaro del Bernese, Carlino Italiano, Cavalier King, Cocker Spaniel Inglese, Collies, Fox terrier, Keeshound, Labrador Retriever, Yorkshire Terrier, Golden Retriever, Pechinese, Poodles, San Bernardo, Setter Irlandese, Siberian Huscky, Schnauzer, Terveuren ecc..

In campo umano si ritiene che circa l’1% della popolazione mondiale  e non solo nazionale ne sia colpita, circa il 30% di questi pazienti non trae alcun giovamento dalla terapia tradizionale.

3. Terminologia corretta

E’ corretto impiegare il termine “epilessia” recuperandone il reale significato etimologico della parola che deriva dal greco e significa “essere posseduto, essere preso o attacco, accesso, assalto”;  identifica l’insorgenza di crisi convulsive ricorrenti o ripetute nel tempo indipendentemente dalle cause scatenanti.

Dai Latini veniva soprannominato “Morbus Comitialis” dal momento che un caso di malattia nei pubblici comizi era di male augurio e provocava l’annullamento della deliberazione.

Si preferisce adottare il termine di “attacco epilettico o di crisi epilettica” quando la crisi convulsiva rilevata risulti singola o qualora numerose siano sufficientemente distanziate nel tempo.

Esistono crisi epilettogene “a grappolo” che rappresentano una vera emergenza in campo neurologico dal momento che si presentano come crisi prolungate che si susseguono e si potenziano tra loro sommandone gli effetti, pericolose per la sopravvivenza dell’animale qualora non trattate opportunamente (pericolo di blocco cardio-respiratorio).

In merito si  preferisce adottare il termine di “ male epilettico”, che corrisponde all’analogo “stato di male” in campo umano.Possono essere la conseguenza di sospensioni improvvise ed ingiustificate di terapie con farmacianticonvulsivanti, in altri casi rappresentano una complicazione chirurgica a seguito della riduzione degli “shunt” portosistemici.

Eziopatogenesi del disturbo

Con il termine “epilessia” o“manifestazioni epilettiformi”(ME) si designa collettivamente un gruppo di disturbi che originano in alcune areedegliemisferi cerebrali, si tratta di ricorrenti episodi subitanei o transitori chiamati propriamente “accessi, crisi, attacchi”spesso associati a disturbimotori, sensoriali, neurovegetativi e psichici.

Fig. 1 Schema emisferi cerebrali

Si innescano scariche elettriche anomale neicircuiti neuronali appartenenti alla corteccia cerebrale motoria o di aree subcorticaliconnesse che improvvisamente si accendono, si eccitano scatenando onde ed impulsi elettrici alterati ed incontrollabili in grado dipropagarsi rapidamente. Il carattere distintivo di questi impulsi è rappresentato dalla accessualità, cioè il fatto di presentarsi improvvisamente e la tendenza a ripetersi.

Le ME compaiono nel momento in cui si verifica un mancato equilibrio all’interno del sistema di controllo trastimolazioni eccitative neuronali (circuiti Acido Glutammico*-dipendenti) e stimolazioni inibitorie (circuiti GABA**-dipendenti).

*Acido glutammico = Aminoacido che  svolge una funzione di neurotrasmettitore eccitatorio nel cervello e nella colonna vertebrale

**GABA = Acido gamma-aminobutirrico derivato dall’acido glutammico neurotrasmettitore inibitorio distribuito nel cervello e nel midollo spinale.

Fig. 2 Cellula neuronale e sinapsi

Spesso questi“foci o focolai epilettogeni” possono rimanere silenti per periodi prolungati, controllati da altrettanti neuroni sani che li circondano ed hanno la funzione di neutralizzarne le scariche anomale emesse. Qualora l’ attività di questi neuroni venga in qualche modo soprafatta  la “soglia di convulsività” viene superata ed insorgono i classici sintomi di malattia.

La anomala attività di questi neuroni, finalistiche, disordinate e spesso autolimitanti daranno vita a manifestazioni sintomatologiche diverse in funzione della estensione e localizzazione dell’area cerebro-corticale interessata a partire da un unico emisfero di entrambi gli emisferi fino all’interessamento dei circuiti talamici e del tronco encefalico.

L’ipotesi focale epilettogena venne formulata da colui che viene considerato tutt’ora il padre della moderna epilessia, il neurologo britannicoJohnHughlins Jackson (1834-1911);per primo parlò di possibili scariche sporadiche, subitanee, eccessive, rapide e locali a carico di alcuni segmenti della sostanza grigia capaci di provocare una sequenza di eventi generalizzati in tutto il corpo.

In anni successivi è stato possibile verificare come quella teoria fosse plausibile e dimostrabile attraverso l’analisi accurata di tracciati elettroencefalografici (EEG) di pazienti che presentavano onde elettriche di grande ampiezza associate a “spike” di alta frequenza.

Fig. 3 esempi di EEG

Ulteriori sperimentazioni hanno confermato che il processo di innesco dell’onda anomalacorrisponda ad una sorgente che emette scariche elettriche di intensità e di frequenza sufficientemente alta da produrre modificazioni adattative in gruppi di neuroni contigui econnessi propagandosi a sua volta in nuovi circuiti neuronali chepotranno fungere da focolai secondari.

Attualmente alcune esperienze hanno permesso di prevedere in molto pazienti la insorgenza di eventuali crisi con facile approssimazione.

Di conseguenza le crisi epilettiformi(ME) potranno essere estremamente polimorfe.

Le sindromi epilettiche vengono spesso definite e classificate in base alla eziologia, alla presentazione clinica e prognosi.

5. Tipologia delle “crisi “

In funzionedelle dimensioni del focolaio nella sede anatomica coinvolta si potranno distinguere:

  1. Accessi o crisi parziali
  2. Crisi focali semplici
  3. Crisi focali complesse

In linea generale queste crisi sono caratterizzate da un coinvolgimento di una determinata porzione anatomica cerebrale monolaterale che può rimanere localizzata oppure può espandere fino ad entrambe le strutture emisferiche (forma generalizzata).

In linea generale queste crisi parziali non sono molto frequenti in campo veterinario o è più facile vengano sottostimate per la effettiva difficoltà di riconoscimento da parte del proprietario come del Veterinario. Si stima che circa il 10 % degli animali con epilessia idiopatica ne sia colpito.

  1. Accessi focalisemplici = senza compromissione della coscienza –crisio focus in zone circoscritte di un emisfero a livello dicorteccia corticale ed esordiscono constimolazione involontariadi pochi fasci muscolari anche asimmetricicon segni o sintomi limitati (mioclonie o crisi Jacksoniane in campo umano, spasmi di modesta entità). Questepossono ancheevolvere in crisi generalizzatequando diffondono lungo l’intera area corticale motoria. Per alcuni autori non rientrerebbero in una classificazione di ME (dal momento che spesso non associabili a crisi motorie involontarie o convulsive), per altri ancoraritenute indicative di alterazioni strutturali del parenchima cerebrale.

InNeurologia Veterinaria riconosciamo:ammiccamenti,tremori, tic spontanei ocontrazioni di pochi fasci muscolari sopratutto a carico di:

  • muscoli facciali,
  • muscoli labiali,
  • muscoli auricolari

Talvolta nei piccoli animali questi segni risultano bilaterali ad indicare un coinvolgimento di entrambi gli emisferi cerebrali, non è difficile osservare contemporaneamente altri segnali tipici del Sistema Nervoso Autonomo.

In campo umano queste manifestazioni sono genericamente precedute da sensazioni soggettive o alterazioni sensoriali (sensazioni visive, uditive, gustative, pallore, sudorazione, ansia, vertigini, allucinazioni, parestesie  ecc..)non sempre facilmente identificabilinei nostri animali.

  • Accessi focali complessi= con compromissione della coscienza – crisi  convulsive che si accompagnano aturbe comportamentali,si parla genericamente di“crisi psicomotorie”conmanifestazioni cliniche neurovegetative più o meno intense. In questo caso è possibile assistere alla presenza di segnali premonitori: aggressività, assenze, paure, vocalizzi, confusione mentale.

Fra questo gruppo alcuni autori fanno rientrare la “fly biting syndrome o jaw snapping syndrome”che può colpire cani di diverse razze di piccola taglia i quali tendono a mordere con un movimento a scatto l’aria circostante o un oggetto immaginario nel vuoto e che finiscono per inseguire con lo sguardo.Ne sono particolarmente predisposti i Cavalier King Charles Spaniel.

Ancora il“tail chasing” nel quale il cane incomincia a girare su se stesso in modo spasmodico ed irrefrenabile nel tentativo di mordersi la coda, le razze Terrier risultano particolarmente sensibili.

Resta da chiarire se questi disturbi siano di pertinenza neurologica o esclusivamente comportamentale, esisteal riguardo un acceso dibattito.

Viene descritta da alcuni autori americani una sindrome psicomotoria che viene classificata come un particolate tipo di epilessia chiamata “sindrome di Jeckyll e Hide” nella quale il cane assume incoscientemente un comportamento fortemente aggressivo con attacchi incontrollati diretti nei riguardi di un familiare.

Quando la crisi focale oil focolaio di insorgenza non è localizzabile in un punto preciso ma nasce coinvolgendo l’intera corteccia cerebrale motoriadi entrambi gli emisferi,si parla di:

  • Accessi  o crisi generalizzate
  • non convulsive
  • convulsive

si differenziano dai precedenti per il fatto di essere o meno accompagnati da sintomi convulsivi che potranno interessare fasci muscolari bilaterali o simmetrici a carico di tutto il corpo. Spesso le scariche neuronali finiscono per riverberare a livello delle strutture subcorticali e talamiche propagando la crisi in altri circuiti neurosensoriali. Sono quelle a cui assistiamo nei nostri animali.

In funzione della tipologia della crisiverranno differenziate:

  1. generalizzate “non convulsive”(“ piccolo male”):
  1. “assenze epilettiche” o “blackout neurologico”= brevi e subitanee perdite transitoriedi coscienza non  necessariamenteaccompagnate da attività motoria,solo qualche breve ammiccamento o tremore a carico di fasci muscolari singoli. In campo umano corrispondeal classico“piccolo male”riscontrabile nei bambini, in campo veterinario vengono segnalati animali che fissano il vuoto, aprono e chiudono ritmicamente la bocca a scatti o scuotono la testa in modo ritmico o assumono altri atteggiamenti insoliti.
  • generalizzate “convulsive”( “grande male”):

in questo caso è possibile assistere adisturbi parossistici differenziati in relazione al coinvolgimentomuscolareed alla dimensione del fenomeno corticale.Distingueremo:

  1. Accessi clonici = contrazioni cloniche ritmiche (classico pedalamento degli arti) di tutti i muscoli con perdita di coscienza ed intense manifestazioni autonome.
    1. Accessi tonici = prevale la fase tonicae quindi la componente spastica con ipertonicità muscolare es:opistotono,rigidità degli arti con perdita di coscienza oltre a stimolazione neurovegetativa.
    1. Accessi tonico-clonici = convulsioni generalizzate costituite da sequenze di violenti spasmi tonici estesi alla muscolatura di tutto il corpoa cui fanno seguito contrazioni cloniche sincrone, ritmiche, prolungate (fase di rilassamento) spesso accompagnate dafenomeni neurovegetativi e depressione del sensorio, equivalgono al classico quadro del“grande male”.
    1. Accessi atonici = perdita del tono posturale con ciondolamento del capo, perdita della stazione quadrupedale e caduta.

Nei nostri animali prevalgono crisi generalizzate del tipo “grande male”, più difficili rilevare le crisi focali semplici, tipo “piccolo male”.

7. Fasi della crisi epilettica

Vengono distinte nell’ambito della crisi stessadifferenti fasi evolutive:

  1. Fase pre-ictale

È la fase preliminare che precede la crisi vera e propria ed è quella che corrisponde all’ “Aura” rilevabile nell’uomo, in campo veterinario non viene evidenziata in modo altrettanto chiaro.

Qualche proprietario potrà notarebrevi mutamenti nel comportamento dell’animale, una agitazione improvvisa, una irrequietezza insolita, la tendenza a nascondersi, una assidua ricerca di sostegno, un bisogno di protezione, sguardo fisso, guaiti, paura e cosi via, non sempre questi fenomeni risultano non adeguatamente rilevati in corso di anamnesi generale.

L’Aura In campo umano siaccompagna alla insorgenza di strane sensazioni soggettive, il termine adottato descrive chiaramente questo fenomeno impropriamente utilizzato da alcuni autori in Veterinaria, più corretto parlare di“fase pre-ictale”qualora presente.

  • Fase ictus

In essa potremo distinguere segni clinici caratteristici a partire dalle convulsioni, disturbi della coscienza, azioni involontarie, cambiamenti comportamentali.

Corrisponde alla fase sostenuta dalla crisi vera e propria differente nella durata temporale, può variare da 30 secondi a 2 minuti. Il più delle volte sovrastimata dal proprietario che a seguito di un coinvolgimento emotivo.La frequenza, così come la intensità potranno modificarsi nel corso del tempo.

Non è infrequente assistere alle crisi classichetonico-clonichecon spasmi violenti della muscolatura corporea, perdita di coscienza, irrigidimento degli arti, atassia, caduta sul fianco. La fase tonica prevale nella fase di irrigidimento degli arti spesso con contemporaneo opistotono e digrignamento dei denti, atteggiamenti simil-tetanici, alterazioni delle funzioni autonome (midriasi, ipersalivazione, perdita involontaria di urine e feci).

Nei cani Brachicefali non devono essere sottovalutate difficoltà respiratorie dovuti alla convulsione della componente muscolare faringo-laringea.

Potrà seguire una fase clonica, tipico l’atteggiamento di pedalamento degli arti e qualora rilevabili movimenti masticatori a vuoto, altre volte gli arti anteriori potranno presentare la fase tonica (spastica) diversamente quelli posteriori la fase clonica (pedalamento).

La fase ictale potrebbe risultare piuttosto violenta ed intensa, potrebbero associarsi rotolamenti, tremori, sobbalzi del corpo, guaiti, pianti , urla ecc.. soprattutto nelle razze “Pet”.

  • Fase post-ictale

Segue la fase post-ictale di durata ed intensità variabile da pochi secondi fino a qualche giorno. Talvolta il paziente sembra recuperare rapidamente le condizioni di normalità, altre volte questa fase può perdurare a lungo ed esitare in uno stato di alterazione del sensorio, disorientamento soprattutto in pazienti che hanno manifestato crisi notturne o nelle prime ore del mattino, in tal caso il recupero funzionale richiederà più tempo.

Possibili esiti:

debolezza, stordimento, depressione, sonnolenza, stato stuporoso,permanenza di atteggiamenti stereotipati, amaurosi transitoria, midriasi, polifagia incontrollata, polidipsia, disorientamento, andatura compulsiva, sguardo fisso, paure vaghe, vocalizzazioni immotivate, cecità transitoria.

Gli animali che soffrono di crisi “a grappolo” nell’arco delle 24 ore potrebbero presentare questa fase decisamente più prolungata in termini temporali.

8. Inquadramento Diagnostico Causale

Con la esclusione delle epilessia idiopatiche o primaria(EI) le cui cause restano per ora non ancora definibili, è possibile adottare un sistema di classificazione delle ME in relazione alle affezioni o turbe che colpiscono il SNC attraverso un semplice metodo mnemonicoche prevede un acronimo proposto dalla Università di Berna“VITAMIN D”:

  1. Vascolari
  2. Infiammatorie
  3. Traumi
  4. Anomalie congenite
  5. Metaboliche
  6. Idiopatiche
  7. Neoplastiche
  8. Degenerative

Vediamole brevemente:

  1. Vascolari :ad esordio acuto e lateralizzate. Le malattie cerebrovascolari tendono a modificare la struttura e la architettura cellulare con alterazioni a carico della rete dei neurotrasmettitori (es: Glutamato), la presenza di emboli o trombi tendono ad impedireuna corretta irrorazione delle strutture cerebrali superiori. Segnalate più frequentemente nel gatto, pensiamo ad emorragie traumatiche,  fenomeni ischemici, intossicazione di veleni ad azione emorragipara, deficit coagulativi. Da segnalare la encefalopatia ischemica del gatto a seguito della occlusione della arteria cerebrale media, ancora la policitemia quale possibile causa di anossia cerebrale e conseguente trombosi. In generale quasi sempre secondarie ad affezioni sistemiche e diagnosticate con RMN.Da non sottovalutare la presenza di shunt porto sistemici.
  2. Infiammatorie:possono essere multifocali e non lateralizzate. Spesso esordiscono con ipertermia e le caratteristiche della infiammazione. Tutte le cause primarie o secondarie infettive o non infettive o parassitarie possono provocare meningoencefaliti (GME- meningoencefalite granulomatosa) responsabili dicrisi epilettiche. Esistono encefaliti specifiche come quelle di alcune razze come il Carlino o Yorkshire Terrier, oppure provocate da agenti infettivi come il Virus del Cimurro (Morbillivirus) o Neospora Caninum o Borrelliosi nel cane, il Toxoplasma o il Virus della FIP nel gatto ne sono validi esempi. Ancoramalattie micotiche come Criptococcosi, Blastomicosi, ascessi da corpi estranei, da non sottovalutare eventuali edemi quali sequele di traumi, anomalie congenite. Da segnalare ancora la encefalite necrotizzante dello Yorkshire Terrier  la encefalite nel Carlino e Maltese italiano o quella che colpisce il Pointer.
  3. Traumatiche:in genere danno vita a crisi acute e non progressive, pensiamo a traumi cranici, commozioni cerebrali, il quadro clinico può  risultare polimorfo.
  4. Anomalie congenite ed ereditarie:esordio cronico solitamente non lateralizzate riscontrabili in cuccioli di poche settimane o mesi di vita. Possono essere soggetti a crisi epilettiche progressive a seguito di patologie metaboliche di natura ereditaria e a seguito di malformazioni congenite del sistema nervoso (idrocefalia, ipoplasie, lissencefalia, porencefalia, idromielia, siringomielia ecc..) e di altri apparati. È stata dimostrata una chiara componente ereditaria in alcune razze canine (Golden Retriever o Belga Tervueren) oppure nei Bassotti dove uno studio internazionale ha permesso di identificare un gene responsabile di una delle forme più gravi di epilessia conosciuta in campo umano conosciuta con il nome di malattia diLafora osindrome di Unverricht-Lundborg che è una patologia a carattere familiare in grado di produrre danni cerebrali progressivi fino alla morte dopo 10 anni. Sembra che la mutazione a carico del gene EPM2B impedendone il corretto funzionamento sia in grado di provocare tale sindrome che solitamente nei cani assume un carattere decisamente meno aggressivo.
  5. Tossiche, metaboliche:esiti di ipossia neonatale, ingestione di sostanze tossiche , turbe ormonali. Tra le sostanze tossiche è bene citare: metalli pesanti (Fe, Ars, Pb, Zn), metaldeide (lumachicida o combustibile di piccole stufe), stricnina (pesticida), insetticidi organofosforici, glicole etilenico (antigelo), antibiotici amino glicosidici.  Tra le possibili cause metaboliche scatenanti: ipoglicemia, insufficienza epatica o epatopatie, ipotiroidismo (cane anziano), ipertiroidismo (gatto), insufficienza renale, insufficienze pancreatiche, squilibri elettrolitici. Queste ultime sono le più complesse per la loro evoluzione non sempre facilmente definibile, piuttosto altalenante ed irregolare. Da non sottovalutare le carenze vitaminiche di Tiamina e le infestazioni parassitarie ed i disturbi cardiaci (aritmie).
  6. Idiopatiche:rientrano in questa categoria le ME prive di possibile identificazione eziologica, rappresenta spesso una diagnosi per esclusione (Epilessia idiopatica).
  7. Neoplasie:possono avere un esordio subacuto o cronico e lateralizzate. Esistono neoplasie primarie che coinvolgono le cellule del SNC come gli astrociti, gli oligodendrociti, le meningi, i plessi coroidei, pertanto potranno essere rappresentati da teratomi, meningiomi( gatti o cani anziani di razze dolicocefale), gliomi (astrocitomi, oligodendrogliomi, glioblastomi multiformi in razze brachicefale) ependimomi, linfosarcomi, papillomi dei plessi corioidei oppure si tratta di  neoplasie che colpiscono aree adiacenti al cervello come le cavità nasali, la scatola cranica o la muscolatura cranio-facciale. Ancora metastasi (tumore epatico, splenico, prostatico, adenocarcinoma mammario, emangiosarcomi, insulinomi, leiomiomiecc..) o linfomi multicentrici. Le razze brachicefale sono maggiormente predisposti a neoplasie primarie.
  8. Degenerative:solitamente a carattere cronico a lenta progressione, non lateralizzate.Più facile in cani anziani in genere con patologie correlate alla fase di invecchiamento o quale conseguenza di malattie metaboliche, neoplastiche o degenerative a carico del sistema nervoso come alcune forme di mielopatia degenerativa, ipomielinogenesi, leucodistrofie ecc..

9.Diagnosi

L’iter diagnostico spesso non sempre agevole ed altrettanto rapido, ci si deveorientare escludendo possibili cause strutturali intracranicheo extracraniche o affezioni di altra natura, unico modello che consente di formulare una diagnosi precisa al fine di escludereuna epilessia primaria o idiopatica.

Abbiamo visto quanto sia importante raccogliere informazioni relative a genitori, fratelli, sorelle quindi legate alla familiarità sopratutto in quelle razze dove viene riconosciuta una elevata incidenza e predisposizione a forme ereditarie e congenite.

Il Veterinario deveprocedeseguendo un doveroso percorso semeiotico-clinicoche parte attraverso unaraccolta dielementicomuni quali: segnalamento, età del paziente, anamnesi recente e remota,esordio e numero delle crisi, eventuale durata e tipologia.

Un successivo esame clinico accurato comprensivo di accertamenti diagnostici permette di verificarese l’origine delle crisi epilettiche (ME) possa essere di natura tossica o metabolico-endocrina o traumatica.

Si procede con un esame neurologico al fine di accertare la presenza o meno di eventuali deficit cognitivi, propriocettivi o sensoriali addirittura preferibile in corso di crisi per meglio comprendere il livello di compromissione dei circuiti neuronali talamo corticali.

La presenza di segni focali o asimmetrici suggerisce una possibile affezione strutturale di origine vascolare, infiammatoria, infettiva, neoplastica, traumatica, non escludendo la possibilità di una anomalia congenita.

I principali segni causali sono da ricercarsi in una alterazione dello stato di vigilanza del paziente o in turbe comportamentali, deficit della reazione posturale, deficit alla risposta di minaccia o alla stimolazione nasale che sono chiari ed immediati segnali di corretta funzionalità dei circuiti neuronali subcorticali.

La presenza di comportamenti anomali o stereotipatiprecludono ad un coinvolgimento dei circuiti limbici e segnalano la presenza di lesioni multifocali con tutte le conseguenze psico emotive che esse comportano.

10. Esami Complementari

Al fine di identificare una diagnosi eziologica precisa si potrà procedere ad una serie di accertamenti diagnostici strumentali da affiancare a quelli tradizionali partendo preferibilmente da quelli meno invasivi.

  1. Analisi emocromocitometrico
  2. Analisi emobiochimico
  3. Analisi urinaria
  4. Analisi ormonali (pancreatica, tiroidea)
  5. Analisi liquido cefalo-rachidiano (sedazione generale)
  6. EEG (non agevole negli animali)
  7. RX
  8. RMN (Risonanza magnetica nucleare- sedazione generale)
  9. TC (Tomografia assiale computerizzata- sedazione generale)

Al fine di escludereeventuali cause metaboliche o tossico-infettive sarà bene considerare ulteriormente:

formula leucocitaria, bilancio biochimico (glicemia, calcemia, albuminemia, acidi biliari, ALT, acidi biliari pre e postprandiali, colesterolo, elettroliti, trigliceridi, funzionalità tiroidea, rapporto insulina/glucosio, dosaggio del Piombo, sierologico o PCR per Toxoplasma, Neospora, Cimurro, FIP.

In linea generale questi esami complementari risultano indicati in quei pazienti che presentano crisi focali nel periodo giovanile in età prepubere oppure oltre il sesto anno di vita refrattari ai tradizionali trattamenti farmacologici anticonvulsivi.

11. Terapia

Il protocollo terapeutico viene impostato in funzione di una diagnosi clinica ed eziologica, in ogni caso la terapia viene solitamente consigliata in animali che presentano almeno una o più crisi nell’arco di un mese.

Il dosaggio consigliato e la posologia del farmaco anticonvulsivo consente di mantenere un tasso ematico costante tale da rispondere adeguatamente alle singole esigenze.

L’obiettivo del trattamento farmacologico consiste in una sensibile diminuzione della frequenza e della gravità delle crisi evitando effetti collaterali indesiderati, non è possibile garantire una guarigione clinica definitiva.

Qualora le cause scatenanti siano di natura tossica, metabolica, ormonale o infiammatorie, una volta instaurata una terapia adeguata anche le crisi tenderanno a scomparire gradualmente nel corso del tempo in assenza di alterazioni strutturali.

Diversamente nel caso di neoplasie invasive, malattie degenerative, anomalie congenite, emorragie intracraniche gravi, non esiste alcuna possibilità di trattamento terapeutico in grado di garantire un risultato altrettanto efficace.

Nel caso di epilessia idiopatica (EI) la terapia dovrà essere protratta per tempi lunghi e continuativa per tutta la vita del paziente, da segnalare che comunque una percentuale limitata di casi risultano refrattari alla terapia tradizionale.

Vediamo brevemente in dettaglio i farmaci anticonvulsivanti comunemente impiegati:

  1. Diazepam (Valium): preferito come farmaco di primo intervento nel gatto o nel cane di piccola taglia, in generale si impiega agevolmente per via endorettale o per via endonasale nei casi di emergenza per scemare la crisi, in alternativa per via endovenosa (dose 0,5-1 mg/Kg). La somministrazione si presta ad essere ripetuta in caso di necessità.Meno adatto per un utilizzo continuativo e terapie prolungate dal momento che è un farmaco fortemente liposolubile e pertanto diventa difficile il mantenimento di un dosaggio ematico efficace. Epatotossico.
  • Dosaggio raccomandato: 0,25-0,5 mg/Kg ogni 8-12 ore.
  1. Primidone o PRI (Mysoline):metabolizzato a livello epatico in “Fenobarbital”. Preferibile nel cane soprattutto in pazienti con prognosi infausta, epatotossico per terapie prolungate, pertanto sconsigliato in presenza di epatopatie. L’impiego nel gatto non è da tutti gli autori pienamente condiviso.
  2. Dosaggio raccomandato nel cane: 10-15 mg/Kg ogni 8 ore.
  3. Dosaggio raccomandato nel gatto : 20 mg/Kg ogni 12 ore.
  1. Bromuro di potassio (KBr) farmaco impiegato in campo umano a partire dal 1857 ed introdotto alla fine degli anni ottanta in Medicina Veterinaria per la sua economicità. E’ una preparazione galenica e come tale deve essere preparata dal farmacista sotto forma di capsule o sciroppo. Potenzialmente nefrotossico, da sconsigliare in pazienti con problemi renali, anche se molti autori lo prescrivono in presenza di epatopatie. Segnalati pancreatiti in cani con terapia combinata con Fenobarbital (PB).

Effetti collaterali dovuti alla bromuro tossicità (Bromismo) possono includere incoordinazione, depressione, dolore muscolare, stupore mentre non vengono segnalati disturbi dermatologici e gastrointestinali comuni invece nell’uomo. La somministrazione può essere monodose o suddivisa in due somministrazioni giornaliere. Il mantenimento di un dosaggio efficace di ottiene lentamente, pertanto da molti autori viene consigliato una dose di attacco 120 mg/Kg ogni 24 h per 5 gg consecutivi oltre alla dose normale.

  • Dosaggio raccomandato: 20-60 mg/Kg ogni 12-24 h.
  1. Fenobarbital o PB (Gardenale, Luminale, Luminalette, Maliasin): resta ancora il farmaco di elezione nel cane che nel gatto. Possiede una scarsa tossicità, economico e facilmente reperibile in commercio in compresse da 50 e 100 mg. Inoltre gli effetti secondari o sgradevoli possono persistere nella fase iniziale e nel giro di un paio di settimane scompaiono spontaneamente. Rappresenta il farmaco di più largo impiego come anticonvulsivante anche se il rischio di epatopatie per terapie di lungo periodo è potenziale. Si preferisce iniziare con un dosaggio minimo 2-2,5 mg/Kg ogni 12 ore e si prevedono controllo ematici periodici per il mantenimento di una barbitalemia efficace. A seguito di una terapia cronica alcuni parametri ematici epatici subiranno alterazioni (ALT, ALP, colesterolo, albumine, ormoni tiroidei ecc..) anche in questo caso consigliato un regime dietetico regolare.
  • Gabapentin o GBP (Neurontin o “equivalente generico”): di impiego umano a causa dell’elevato costo, solo parzialmente metabolizzato a livello epatico, sperimentato anche nel cane con risultati incoraggianti ma non è tutt’ora possibile stabilire un dosaggio terapeutico definitivo.

Da sottolineare che la efficacia del trattamento conservativo dipende necessariamente da una regolare assunzione delle dosi opportunamente consigliate.

Farmaci di nuova generazione:

  • gamma- vinil-GABA, nimodipina, oxacarbezapina, tiagabina, lamotrigina o LTG (Lamictal o generico equivalente), topiramato o TPM (Topamax) rappresentano l’ultima generazione dei farmaci ancora sottoposti a sufficienti prove sperimentali. Non sempre si sono dimostrati altrettanto efficaci nel trattamento delle ME in cani e gatti, mancano ancora dati significativi sul dosaggio e sulla possibilità di utilizzo a breve termine.

Farmaci abbandonati:

  • acido valproico o VPA (Depakin, Depamag, Depamide), carbamazepina o CBZ (Tegretol o equivalente generico), difenilidatoina, fenitoina o PHT (Dintoina)

sono stati abbandonati definitivamente nella terapia dei piccoli animali a causa dei loro elevati rischi di epatotossicità in relazione al dosaggio assunto.

Terapia genica: prospettive

in campo umano è allo studio una possibilità di terapia genica rivolta a quei malati refrattari alle tradizionali terapie con anticonvulsivanti (pari al 30% degli epilettici totali). L’ iniziativa è partita dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano in collaborazione con ricercatori Austriaci, Finlandesi ed Americani. La sperimentazione ha permesso di introdurre in animali di laboratorio un gene terapeutico in grado di provvedere alla sintesi di una sostanza anticonvulsivante chiamata “neuropeptide Y” attraverso un vettore ricavato da un virus apatogeno. Il risultato è stato incoraggiante. Lo studio è stato pubblicato nella rivista “Brain”.

Sono state impiegate esclusivamente in campo umano terapie a base di cellule staminali in bambini che hanno presentato epilessia dal momento della nascita con esito positivo, tali cellule sono state estratte dal sangue del cordone ombelicale ed iniettate per via intraspinale ed endovenoso ripetutamente.

Ulteriori sperimentazioni segnalate nella rivista “Natura medicina” metterebbero in risalto una possibile causa eziologica  delle Epilessie con una relazione causa/effetto tra la presenza diammassi di leucociti a carico dell’ endotelio vasale a livello di barriera ematoencefalica, questo ha permesso di sperimentare l’impiego di Anticorpi rivolti contro queste molecole chiamate “Interagine” le quali hanno aperto la strada a nuove possibili formule terapeutiche.

12. Posologia e monitoragio terapeutico

In corso di terapia cronica è possibile correggere la posologia aumentando la dose iniziale del Fenobarbital (barbiturico) fino a raggiungimento di un accettabile condizione clinica del paziente, difficilmente si potrà procedere ad una altrettanta riduzione graduale nel corso del tempo, possibile a seguito di scrupolosa valutazione di ogni singolo caso.

Si può procedere con una monoterapia o decidere di optare perterapie combinate associando farmaci anticonvulsivanti (non oltre due), tecnica adottata in casi refrattari (es:Fenobarbital(PB) +Bromuro di potassio(KBr) oDiazepam).

In presenza di barbiturici il dosaggio di farmaci combinati per motivi di maggiore biodisponibilità dovrà essere aumentato.

Per mantenere la suapotenzialità terapeutica il farmaco assunto deve poter raggiungereconcentrazioni siericheefficaci costanti che dovranno essere periodicamente monitorate mediante esame ematologico, almeno una volta all’anno.

In condizioni di emergenza a seguito di violente crisi a “grappolo” è previstoun protocollo terapeutico che prevede il Fenobarbitalper via endovenosa e qualora non si ottenga alcun effetto è possibile intervenire con dosi sub anestetiche di Profonol (1-3,5 mg/Kg in infusione continua) o in alternativa Thiopentale(8-10 mg/Kg). Gli effetti anticonvulsivi saranno immediati ma purtroppo non durevoli, le crisi potranno ricomparire al cessare dell’effetto farmacogico.

In Italia il Fenobarbitale è registrato esclusivamente per via intramuscolare pertanto l’impiego per altra via viene consideratoimproprio e come tale ritenuto illegale.

Esistono casi di epilessia idiopatica completamente refrattari ai suddetti farmaci, attualmente non si conoscono possibili terapie sostitutive, in campo umano si procede con interventi di neurochirurgia mirati ad isolare ed asportare il focolaio epilettogeno.

Farmaco-resistenza

La inadeguatezza della terapia può dipendere da molteplici fattori, ne vengono citati alcuni:

  1. Mancata o inadeguata somministrazione del farmaco prescritto.
  2. Evoluzione di uno stato patologico in senso peggiorativo (neoplasia- malattia degenerativa).
  3. Disturbi gastrointestinali che interferiscono con la assunzione el’ assorbimento del farmaco.
  4. Posologia inadeguata in relazione al peso vivo del paziente.

14. Alternative

  1. Stimolazione nervo vago: è stata segnalata la possibilità di stimolazione vagale, tecnica impiegata per ora solo in campo umano che prevede l’impiego di un elettrostimolatore impiantato in grado di stimolare la branca  sxdel NervoVago a carico delle afferenze sensoriali dirette al cervello. A seguito di un meccanismo non ancora definito, sembra che suddetta tecnica renda la corteccia motoria meno sensibile a possibili focolai corticali epilettogeni. Un analogo effetto può essere indotto in campo veterinario mediante la semplice pressione dei globi oculari durante l’insorgenza di una crisi.
  2. Agopuntura: sono segnalate terapie nei casi recidivanti con inserimento di aghi in almeno 10 zone corporee lasciati per un tempo variabile da 20 min ed oltre; i migliori risultati sono stati ottenuti con agopuntura auricolare. Spesso tali scelte terapeutiche sono combinate con quelle farmacologiche.
  3. Vitamine: sembra che per alcune forme di epilessia sia utile una supplemento integrativo con vit. B6  o Piridossina associata a Magnesio e Manganese.

Siti web informativi

  1. www.canine-epilepsy.net
  2. www.himmlisch.com/perusal.html
  3. www.belfield.com/article8.html
  4. www.peteducation.com
  5. www.golden-retriever.com
  6. www.marvistavet.com
  7. www. ivi.org/special-books

Bibliografia

  • Bernardini M: “Neurologia del cane e del gatto”  pagg. XII-420 – Poletto Editore 2002
  • Roger W, Gfeller e Shawn P.Messonier: “Tossicologia ed avvelenamenti nei piccoli animali” pagg. XVI-232 – Poletto Editore 2005
  • Stephen J. Birchard, Robert G. Sherding: “Manuale di Clinica dei piccoli animali”- Piccin Editore 1996.